fondata l'8 marzo 2003
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Se ci sarà un futuro sarà solo in base a quello che le donne sapranno fare.
(Rita Levi Montalcini, socia onoraria di voceDonna)
La Storia delle Donne e le Donne nella Storia
a cura di Carla Grementieri
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27 gennaio
ILSE WEBER
poeta, scrittrice, musicista, la donna che amava i bambini tanto che scelse di morire con loro ad Auschwitz.
Articolo di Carla Grementieri per voceDonnaracconta e il geniodelleDonne n. 40.
©Carla Grementieri - Tutti i diritti riservati
ILSE HERLINGHER WEBER è nata, nella attuale Repubblica Ceca a Witkowitz nel 1903, da una famiglia ebrea di lingua tedesca. Fin da piccola amava la lettura e la musica dilettandosi a suonare la chitarra, il liuto e la balalaika e a scrivere poesie e fiabe per bambini fin da giovanissima; pubblica i primi scritti a 22 anni, entrando così a far parte del variegato mondo intellettuale ceco. Il suo libro più popolare è stato comunque "Mendel Rosenbusch: Racconti per i bambini ebrei" (1929). Il personaggio del titolo, un uomo anziano e gentile, riceve misteriosamente una moneta magica che gli permette di diventare invisibile a volontà e di usare questo potere per compiere buone azioni per i suoi vicini. Arguzia e umorismo rendono queste storie accattivanti per tutte le età. A 27 anni, Ilse si trasferisce a Praga dove sposa Willi Weber da cui avrà due figli maschi, Hanuš e Tomáš.
A seguito dell’occupazione nazista del 1939, decide di mettere in salvo il figlio maggiore Hanuš di soli 8 anni, presso un’amica. Il piccolo Weber era riuscito a partire insieme ad altri seicento bambini ebrei, sottratti ai nazisti grazie all’attività di salvataggio di un agente di borsa inglese, Nicolas George Winton, e spediti in treno nell’unico paese europeo che accettava di accoglierli, l’Inghilterra, dove fu poi affidato a Lilian von Löwenadler, cara amica di Ilse e figlia di un diplomatico svedese, che avrebbe successivamente affidato il bambino alla madre Gertrud che viveva in Svezia.
Nel'40 Ilse, autrice affermata di letteratura per bambini e programmi radiofonici (fiabe trasmesse alla radio), assieme al marito e al figlio più piccolo Tomáš, fu rinchiusa nel ghetto di Praga e successivamente, nel febbraio del '42, deportata a Terezin (Theresienstadt) "il ghetto modello" da cui partivano i trasporti per Auschwitz, dove gli ebrei venivano sterminati. A Terezin Ilse fece l’infermiera ‘nell’ospedale’ dei bambini, creando per loro e per gli altri prigionieri poesie e canzoni che accompagnava suonando il liuto e la chitarra. Una sua poesia suscitò violente reazioni da parte delle SS, senza fortunatamente che Ilse ne fosse individuata come autrice. Un’altra, 'Lettera al mio bambino', indirizzata al figlio lontano, fu tradotta e pubblicata nel 1945 in Svezia e Hanuš poté così leggerla. Ilse Weber lavorava come infermiera per i bambini del campo, facendo tutto il possibile per i piccoli pazienti senza l'aiuto di medicine che erano proibite ai prigionieri ebrei. Ha scritto circa 60 poesie-canzoni- ninne nanne durante la sua permanenza a Terezin e per alcune di queste ha scritto anche la musica. Quegli scritti sono ora diventati patrimonio comune dell’umanità. Erano parole di conforto e di speranza per i detenuti che le imparavano a memoria e vi si aggrappavano; luce nel buio profondo di quel Lager che la storia ricorderà come il Lager dei bambini. Sono ninne nanne, filastrocche, poesie, canzoni, nate nelle notti insonni che Ilse passava in infermeria accanto ai piccoli malati, dopo le lunghe giornate trascorse ad accudirli con lo stesso amore che avrebbero avuto le loro madri. Molte delle sue composizioni, cariche di struggente nostalgia, sono dedicate a Hanuš; altre ai bambini di Theresienstadt; altre ancora ci raccontano ciò che provava, vedeva e viveva all’interno di quell'inferno quotidiano. Nel 1944, il marito fu per primo deportato ad Auschwitz dove riuscì a sopravvivere ma poco prima di partire era riuscito a seppellire sotto terra, in tutta fretta, nel capanno degli attrezzi, le poesie e le canzoni che la moglie aveva composto nei due anni di permanenza a Terezin.
Poco dopo anche Ilse e Tomáš furono inseriti in un "trasporto all’Est". Sembra che Ilse abbia scelto volontariamente la deportazione per non abbandonare i quindici bambini a lei affidati. Così ai primi di ottobre del '44, un gruppo di internati del campo di concentramento di Terezin ricevette l’ordine di salire su un convoglio destinato ad Auschwitz. Fra questi vi era anche ILSE WEBER, una donna meravigliosa e coraggiosa, una scrittrice, poeta, musicista, una ebrea di lingua tedesca, insieme a suo figlio Tomáš e ad altri quindici bambini malati dei quali si prendeva cura giorno e notte. Una volta giunti a destinazione Ilse, il figlio e i 'suoi bambini', furono subito mandati alle camere a gas. Al capolinea del treno Ilse fu riconosciuta da un detenuto che era stato deportato con lei a Terezin; lui la vide che cercava di consolare i suoi bambini messi in fila davanti alle docce e le si avvicinò, mentre le sentinelle erano lontane. Ilse chiese: “È vero che possiamo fare la doccia dopo il viaggio?”. Egli non volle mentirle e rispose: ”No, questa non è una doccia, è una camera a gas. Ti ho spesso sentito cantare nell’infermeria. Entra con i bambini il più in fretta possibile e cantando siediti con i bambini per terra e continua a cantare. Canta con loro ciò che hai sempre cantato. Così inalerete il gas più velocemente, altrimenti verrete calpestati e uccisi dagli altri quando scoppierà il panico”. La canzone che cantò insieme a suo figlio e agli altri bambini quel 6 ottobre 1944 entrando nelle docce di Auschwitz fu una sua ninna nanna: “Wiegala”. Da quel giorno, questa ninna nanna fu cantata da altri bambini prima di entrare nelle camere a gas di Auschwitz e rimase nella memoria dei sopravvissuti come simbolo del massacro degli innocenti.
Tornato a Praga dopo la guerra, il marito Willi andò a riprendere gli scritti che aveva sepolto e riprese con sé il figlio, che era vissuto in Svezia affidato alla madre di Lilian. Il ricongiungimento fu problematico perché il ragazzo, dopo quei sei anni di lontananza, rifiutava di parlare con il padre su quanto era avvenuto durante la Shoah. Nel 1968, dopo l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei Russi, divenuto giornalista e legato alla primavera praghese, Hanuš fuggì in Svezia dove si stabilì definitivamente. Lentamente, alla rimozione dei suoi primi anni, si sostituì il desiderio di ricostruire la sua storia. Nel 1974, il padre Willi che si preparava a raggiungere la Svezia per collaborare col figlio ad un film sui campi di concentramento, morì improvvisamente d’infarto. Hanuš Weber oggi vive a Stoccolma e suo figlio, nato nel 1977, si chiama Tomáš in onore del fratello minore, ucciso con la madre ad Auschwitz. Per chi vuole approfondire questa figura di donna eccezionale può leggere il libro 'Quando finirà la sofferenza? Lettere e poesie da Theresienstadt,' di Ilse Weber (Lindau, pp. 292, euro 24,50), frutto di due ritrovamenti: il primo del 1945, quando il marito di Ilse, tornato da Auschwitz, riportò alla luce da dove le aveva sepolte, una cinquantina di poesie composte nel campo dalla moglie Ilse, assassinata insieme al figlio Tomáš. Il secondo è del 1977, ed è il ritrovamento delle lettere scritte da Ilse alla sua più cara amica, Lilian von Löwenadler, a cui nel 1939 aveva affidato il primo figlio, Hanuš, per sottrarlo ai nazisti. Se la storia dei Weber è in sé una storia straordinaria, le poesie composte nel campo da Ilse sono di una struggente bellezza, mentre le sue lettere a Lilian, che vanno dal 1933 al 1944, cioè fino alla deportazione a Auschwitz, sono un eccezionale e vivissimo ritratto, oltre che della sua vita, dei suoi affetti e della sua arte, anche del suo paese, la Cecoslovacchia, man mano che l’ombra dell’antisemitismo e di Hitler si faceva drammaticamente più vicina. Dopo la partenza del figlio, nel 1939, la maggior parte delle lettere è indirizzata al bambino, che Ilse cerca di seguire a distanza, della cui educazione si preoccupa, di cui lamenta la pigrizia nello scrivere, di cui sollecita il mantenimento dell’appartenenza ebraica. Le ultime lettere sono da Tterezin, dove Ilse fa ancora in tempo, prima della deportazione, a piangere la morte dell’amica Lilian in una lettera alla madre Gertrud. Le canzoni di Ilse Weber sono state spesso registrate, particolarmente quella intitolata "Lullaby"; eccellente la registrazione del mezzosoprano Anne Sofie von Otter e di Christian Gerhaher (2007). Nel 2008, la casa editrice Carl Hanser Verlag ha fatto uscire una raccolta di lettere e poesie di Ilse dal titolo: 'Wann wohl das Leid' curate dalla storica tedesca Ulrike Migdal. Anche Hanuš Weber ha poi scritto un libro sulla vita della madre e ha partecipato a vari programmi culturali per commemorarla. In Italia, in questi giorni, il 30 gennaio 2016 al Teatro Comunale di Piacenza, debutterà la ‘Pavel Zalud Orchestra’ con in programma “Wiegenlied, ninnananna per l’ultima notte a Terezin.”con le musiche di Ilse Weber. I componenti l’orchestra suoneranno con gli antichi strumenti originali (poi restaurati), ritrovati a Terezin da Matteo Corradini, scrittore, ebraista ed esperto in didattica della memoria, che ha fondato anche la ‘Pavel Zalud Orchestra’ col nome dell’artigiano che produceva strumenti musicali per bande militari e di paese a Terezin.
Due testi di Ilse Weber:
Wiegala
Fai ninna, fai nanna, mio bimbo, lo sento risuona la lira al soffiare del vento, nel verde canneto risponde l'assolo del canto dolce dell'usignolo.
Fai ninna, fai nanna, mio bimbo, lo sento risuona la lira al soffio del vento.
Fai ninna, fai nanna, gioia materna, la luna come una grande lanterna, sospesa in alto nel cielo profondo volge il suo sguardo dovunque nel mondo.
Fai ninna, fai nanna gioia materna, la luna è come una grande lanterna.
Fai ninna, fai nanna, sereno riposa dovunque la notte si fa silenziosa!
Tutto è quieto, non c'è più rumore, mio dolce bambino, per farti dormire.
Fai ninna, fai nanna, sereno riposa dovunque la notte si fa silenziosa!
Wiegala, wiegala, weier, der Wind spielt auf der Leier, er spielt so süß im grünen Ried, die Nachtigall, die singt ihr Lied. Wiegala, wiegala, weier, der Wind spielt auf der Leier. Wiegala, wiegala, werne, der Mond ist die Laterne, er steht am dunklen Himmelszelt und schaut hernieder auf die Welt. Wiegala, wiegala, werne, der Mond ist die Laterne, Wiegala, wiegala, wille, wie ist die Welt so stille! Es stört kein Laut die süße Ruh, schlaf mein Kindchen, schlaf auch du. Wiegala, wiegala, wille, wie ist die Welt so stille!
. Theresienstadt
Io vado errando per Theresienstadt, col cuore pesante come piombo.
Fino a quando il mio cammino si interrompe Proprio ai piedi del bastione.
Là rimango nei pressi del ponte E guardo verso la vallata: vorrei tanto andare lontano, e ritornare a casa mia!
Casa mia! -- che meravigliosa parola, che tanto mi pesa sul cuore. La casa, me l'hanno tolta E ormai non ne ho più nessuna.
Io vado errando rassegnata e triste, oh, quanto tutto questo mi pesa: Theresienstadt,
Theresienstadt quando il nostro soffrire terminerà, quando riavremo la libertà?
(Traduzione italiana di Ferdinando Albeggiani)
Ich wandre durch Theresienstadt, das Herz so schwer wie Blei. Bis jäh meine Weg ein Ende hat, dort knapp an der Bastei. Dort bleib ich auf der Brücke stehn und schau ins Tal hinaus: ich möcht so gerne weiter gehn, ich möcht so gern nach Haus! Nach Haus! -- du wunderbares Wort, du machst das Herz mir schwer. Man nahm mir mein Zuhause fort, nun hab ich keines mehr. Ich wende mich betrübt und matt, so schwer wird mir dabei: Theresienstadt, Theresienstadt, wann wohl das Leid ein Ende hat, wann sind wir wieder frei?
***** 150.000 furono gli ebrei adulti deportati a Terezin e 15.000 furono i bambini e neonati . Si organizzò per i piccoli una scuola clandestina, dove i bambini potevano disegnare, scrivere e persino recitare. Dopo la guerra ne ritornarono solo un centinaio di cui nessuno aveva meno di quattordici anni. Questi bambini ci hanno lasciato in eredità circa 4.000 disegni e 60 poesie conservate nel Museo Ebraico di Praga, a testimonianza di ciò che vivevano ogni giorno all’interno del Lager.
Il 27 Gennaio di ogni anno si celebra la “Giornata della Memoria”, una giornata che ricorda quel 27 gennaio del'45 in cui le truppe dell'Armata Rossa oltrepassarono per la prima volta i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz ponendo fine all’orrore perpetrato dai nazisti con il genocidio di sei milioni di persone per la stragrande maggioranza ebrei ma anche neri, oppositori politici, asociali, gay, lesbiche,rom diversamente abili, testimoni di Geova.
I numeri dell'OLOCAUSTO: 6 milioni di ebrei deportati e sterminati; 90% dei morti era ebreo, il resto rom, gay, oppositori; 4 milioni di uomini, donne e bambini torturati; 5951 italiani deportati ad Auschwitz solo 356 uscirono vivi ; 7650 persone trovate ad Auschwitz il 27 gennaio 1945; 7 tonnellate di capelli di uomini, donne e bambini uccisi ad Auschwitz; 3 mila SS di stanza nel lager; 4 camere a gas e 46 forni dove venivano bruciati 22 mila corpi al giorno. Le vittime della Shoah in Italia furono in totale 6806: di cui arrestate dai tedeschi 2444, arrestate dagli Italiani 1951, arrestate da tedeschi e italiani assieme 322 , dato ignoto 2079.
27.01.16 Articolo di Carla Grementieri per voceDonnaracconta e il geniodelleDonne n. 40. ©Carla Grementieri - Tutti i diritti riservati
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8 luglio
ARTEMISIA GENTILESCHI, pittrice.
(Roma, 8 luglio 1593- Napoli, 1653)
8 luglio 1593: nasce ARTEMISIA GENTILESCHI, una delle più grandi pittrici della storia.
Anticonformista, ribelle, dotata di un grande talento, Artemisia, figlia del pittore Orazio, ha vissuto con coraggio un’epoca molto difficile per le donne. A 18 anni, nel maggio del 161, fu stuprata dal pittore Agostino Tassi, amico del padre. Al processo che ne seguì venne torturata (le furono schiacciati i pollici della mano) e umiliata. L’odio, l’oppressione, il disprezzo furono trasferiti nella sua pittura di scuola caravaggesca.
Negli anni settanta del secolo scorso Artemisia, a partire dalla notorietà assunta dal processo per stupro da essa intentato, diventò un simbolo del femminismo internazionale, con numerose associazioni e circoli ad essa intitolate. Contribuirono all'affermazione di tale immagine la sua figura di donna impegnata a perseguire la propria indipendenza e la propria affermazione artistica contro le molteplici difficoltà e pregiudizi incontrati nella sua vita travagliata.
Questa la testimonianza di Artemisia al processo, secondo le cronache dell'epoca:
« Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l'altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne »
Dopo la conclusione del processo,il padre combinò per Artemisia un matrimonio con Pierantonio Stiattesi, modesto artista fiorentino, che servì a restituire ad Artemisia, violentata, ingannata e denigrata dal Tassi, uno
status di sufficiente "onorabilità". Poco dopo la coppia si trasferì da Roma a Firenze, dove ebbe quattro figli, di cui la sola figlia Prudenzia visse sufficientemente a lungo. Artemisia lavorò a Londra, Roma e Napoli dove morì a sessant' anni.
Alcune sue opere:
Susanna e i vecchioni, Collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden, 1610
Madonna col Bambino, Galleria Spada, Roma, 1610-11
Giuditta che decapita Oloferne, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli, 1612-13
Danae, Saint Louis Art Museum, St. Louis, (Missouri), ca 1612
Minerva, Sopraintendenza alle Gallerie, Firenze, ca 1615
Autoritratto come martire, Collezione privata, ca. 1615
Allegoria dell'Inclinazione, Casa Buonarroti, Firenze, 1615-16
Maddalena penitente, Collezione privata (già Marc A. Seidner Collection, Los Angeles), ca. 1615-16
Conversione della Maddalena, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1615-16
Autoritratto come suonatrice di liuto, Curtis Galleries, Minneapolis, ca 1615-17
Giuditta con la sua ancella, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1618-19
Santa Caterina di Alessandria, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca.1618-19
Giaele e Sisara, Szépművészeti Múzeum, Budapest, 1620
Cleopatra, Collezione della Fondazione Cavallini-Sgarbi, Ferrara, ca. 1620
Allegoria della Pittura Musée de Tessé, Le Mans, 1620-30
Giuditta che decapita Oloferne, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca. 1620
Santa Cecilia, Galleria Spada, Roma, ca. 1620
Cleopatra, Collezione Amedeo Morandorri, Milano, 1621-22 (ritenuto da alcuni studiosi opera del padre)
Ritratto di gonfaloniere, Collezioni Comunali d'Arte, Palazzo d'Accursio, Bologna, 1622
Susanna e i vecchioni, The Burghley House Collection, Stamford, Lincolnshire, 1622
Lucrezia, Gerolamo Etro, Milano, ca. 1623-25
Maria Maddalena come Melanconia, Cathedral, Sala del Tesoro, Siviglia, ca 1625
Giuditta con la sua ancella, The Detroit Institute of Arts, ca. 1625-27
Venere dormiente, The Barbara Piasecka Johnson Foundation, Princeton, New Jersey, 1625-30
Maddalena penitente, Museo Correale di Terranova, Sorrento, 1927-29
Ester e Assuero, Metropolitan Museum of Art, New York, ca. 1628-35
Annunciazione, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli, 1630
Corisca e il satiro, Collezione privata, 1630-35
Clio, la Musa della Storia, Palazzo Giuli, Pisa, 1632
Aurora, Collezione privata, Roma
Nascita di San Giovanni Battista, Museo del Prado, Madrid, ca. 1633-35
Cleopatra, Collezione Privata, Roma, ca.1633-35
Lot e le sue figlie, The Toledo Museum of Art, Toledo, Ohio, ca. 1635--38
Davide e Betsabea , Neues Palais, Potsdam, ca 1635
Ratto di Lucrezia, Neues Palais, Potsdam,
Davide e Betsabea , Palazzo Pitti, Depositi, Firenze, ca 1635
San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli, Cattedrale di Pozzuoli, 1636-37
Santi Procolo e Nicea, Cattedrale di Pozzuoli, 1636-37
Adorazione dei Magi, Cattedrale di Pozzuoli, 1636-37
Davide e Betsabea, Columbus Museum of Art, Columbus, Ohio, ca. 1636-38
Autoritratto in veste di Pittura, Kensington Palace, Londra, 1638-39
Venere che abbraccia Cupido, Collezione privata, 1640-50
Un'allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona inglese, Malborough House, Londra, 1638-39 (in collaborazione con Orazio Gentileschi)
Susanna e i vecchioni, Moravska Galerie, Brno, 1649
Madonna e Bambino con rosario, Palazzo El Escorial, Casita del Principe, 1651.
Sansone e Dalila', Palazzo Zevallos, Napoli.
a cura di Carla Grementieri, presidente dell'associazione di volontariato socio-culturale voceDonna di Castrocaro Terme e Terra del Sole (Forlì)..............................................................................................................................................................................................................................................
29 maggio
LOUISE MICHEL, comunarda, anarchica, femminista.
(Vroncourt-la-Côte, 29 maggio 1830 – Marsiglia, 9 gennaio 1905)
da un articolo di Carla Grementieri ©Carla Grementieri - Tutti i diritti riservati
La Comune
Quando nel 1871 si organizzò, nella Parigi insorta, quella Comune, in cui Marx scorse la realizzazione della sua preconizzata dittatura del proletariato, le donne, di cui la rappresentante più illustre fu Louise Michel, parteciparono attivamente al rinnovamento sociale e alla Resistenza contro i prussiani e il governo di Adolphe Thiers, il quale dopo la caduta di Napoleone III, in seguito alla disfatta di Sedan del 1870, negoziò l'armistizio con la Prussia e fu eletto a capo dell'esecutivo dall'Assemblea nazionale. Le pesanti condizioni del trattato e le misure impopolari prese dal governo Thiers causarono una rivolta popolare a Parigi, che dette vita alla Comune repressa con estrema durezza tra il 21 e il 28 maggio. Adolphe Thiers sarà eletto poi primo presidente della Terza Repubblica Francese.
Per incitamento di Elisabetta Dimitrieff, amica di Marx, e di Louise Michel (una maestra con al suo attivo anni di cospirazione antibonapartista) venne fondata l’Union des Femmes che si costituì come sezione femminile dell’Internazionale, con l’obiettivo di organizzare il lavoro femminile e di raccogliere fondi per la costruzione di cannoni per i comunardi.
Le donne lottarono su di un duplice fronte: da un lato parteciparono alla Resistenza antitprussiana e all’esperimento di autogoverno popolare, dall’altro rifiutarono i tentativi fatti dagli stessi comunardi di tenerle fuori dalla vita politica, in ottemperanza alle idee di Proudhon che, pur essendo morto nel 1864, restava ancora per tutti l’ispiratore ideologico per eccellenza.
Le lotte femminili e femministe durante la Comune riunirono donne delle classi agiate e medie con quelle di ambiente popolare: si aprirono diversi club femminili che chiedevano la laicità dell’insegnamento, la creazione di nuove scuole per l’istruzione delle bambine fino a quel momento trascurate. Per facilitare il loro lavoro, le donne crearono asili che dovevano avere giardini, voliere piene di uccelli, giocattoli ed alberi.
André Leo, nel giornale “Le Social”, criticava sia il governo di Versailles sia la Comune, per la sua indisciplina e il suo antifemminismo: “Se la democrazia è stata vinta fino ad ora, ciò è avvenuto perché i democratici non hanno mai tenuto conto delle donne”.
Durante la settimana di sangue (21-28 maggio ’71), le donne combatterono sulle barricate, a fianco degli uomini; furono massacrate, gettate in prigione, deportate. Anche Louise Michel venne condotta davanti al Consiglio di guerra e condannata alla deportazione.
Louise (29 maggio1830- 9 gennaio 1905), figlia illegittima di un castellano (Etienne Demahis) e di una domestica, riceve una buona istruzione ed una educazione liberale secondo le idee illuministe di Rousseau e di Voltaire; la giovinetta che ha un carattere gioviale, ama la natura, adora i gatti e suona il pianoforte, è costretta, dopo la morte del padre e della di lui moglie, a lasciare il castello. Ormai ventenne completa i suoi studi a Chaumont conseguendo il diploma di maestra istitutrice e, rifiutandosi di prestare giuramento all’Impero (impero che lei disprezza profondamente), fonda diverse scuole libere dove insegnerà per tre anni, ispirata ai principi della pedagogia libertaria e incorrendo in diversi provvedimenti disciplinari da parte delle autorità scolastiche. In seguito si trasferisce a Parigi dove insegna in un istituto presso il Château-d’Eau diretto da madame Voillier, con la quale intrattiene rapporti i filiali.
Louise a Parigi collabora con giornali di opposizione e svolge una discreta attività letteraria; invia anche qualche poesia a Victor Hugo, uno dei personaggi più celebrati e più rispettati di quest’epoca, con cui avrà una relazione sentimentale.
Dal ’69 diventa segretaria della Società democratica di moralizzazione, che si prefigge di aiutare gli operai e le donne vittime di prostituzione, e anche tesoriera di un Comitato di soccorso ai profughi russi. Insegna in una scuola da lei fondata in una Parigi alla fame, creando una mensa per i suoi allievi (1865). Entra in contatto con diverse associazioni che si battono per i diritti delle donne tra cui la Lega delle donne, un gruppo che rivendica la stessa educazione per uomini e donne e lo stesso salario.
Louise Michel fa invece parte dell’ala rivoluzionaria più radicale che si prefigge l’offensiva su Versailles, sede del governo; come guardia nazionale e infermiera del 61° battaglione partecipa ad uno scontro a fuoco in piazza dell’Hôtel-de-Ville e accarezza l’idea di recarsi personalmente a Versailles per uccidere Adolphe Thiers.
Quando l'Impero napoleonico sta crollando sotto i colpi della potenza prussiana, Louise entra in contatto con le femministe Jules Simon, Andrè Leo e Maria Deraismes. Le donne parigine si organizzano costituendo comitati e Louise Michel è una delle più attive organizzatrici fino a diventare presidente del Comitato di vigilanza della guardia nazionale della XVIII circoscrizione, in cui non vi è nessuna distinzione di genere sessuale; in questa occasione conosce Théophile Ferré un giovane comunardo ventiseienne di cui l’ormai quarantunenne Louse si innamora.
Il 28 marzo i parigini proclamano la Comune; il 1° aprile il governo di Versailles dichiara guerra alla Comune, e Louise partecipa alla resistenza armata. Sulle barricate di Clignancourt, partecipa ad una battaglia in strada, durante la quale sparerà per la prima volta.
Con la sconfitta della Comune, Louise si consegna al nemico per far liberare sua madre arrestata al suo posto e rischiando la fucilazione immediata. Il 28 giugno invece inizia il processo a suo carico: Louise ammette di essere stata infermiera nel reparto ambulanze, conferma di credere nel progetto dei comunardi e nel volere l'abolizione della istituzione clericale.
In una delle udienze successive, la rivoluzionaria scopre che Théophile Ferré, il giovane con cui condivide un forte sentimento d’amore, imprigionato anch'egli, dovrà essere fucilato (lo sarà il 28 novembre) per questo appare ancor più risoluta nelle sue dichiarazioni forse per poter subire anch’essa la condanna a morte: “Sono accusata di essere complice della Comune! Certo che lo sono perché la Comune voleva prima di tutto la rivoluzione sociale che è ciò che desidero ansiosamente; è un onore per me essere una delle autrici della Comune, che peraltro non ha niente a che fare con omicidi e incendi dolosi. Volete sapere chi sono i veri colpevoli? La polizia. (…) Non voglio difendermi e non voglio essere difesa, appartengo completamente alla rivoluzione sociale e mi dichiaro responsabile delle mie azioni. (…) Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte!".
Le accuse che le autorità le rivolgono sono: attentato con intenzione di rovesciare il governo; istigazione alla guerra civile; detenzione di armi e uniformi al momento della rivolta nonché uso delle armi; false dichiarazioni in scritti privati al fine di occultare la propria identità; uso di documenti falsi; concorso nell'uccisione di ostaggi; concorso in arresti illegali. Louise reclamail diritto ad un pezzo di piombo al tribunale ed è in seguito a quest’evento che Victor Hugo le dedica l’ode Viro Major.
Louise Michel dichiarerà più tardi: “Sono diventata anarchica quando sono stata deportata “.
Ritornata in Francia in seguito ad una amnistia (1880), diventa un'instancabile propagatrice del pensiero anarchico: partecipa a convegni e a manifestazioni. Nel 1883 l’intrepida donna si unisce alle proteste dei disoccupati in lotta, durante la quale scoppiano violenti tumulti; l’ex comunarda anarchica è arrestata e condannata a sei anni di carcere.
Ottiene la grazia nel’86, nello stesso anno in cui Paul Verlaine le dedica una ballade.
Ritornata in libertà Louise riprende la sua attività di rivoluzionaria: conosce l’anarchica russa Emma Goldman, il filosofo Kropotkin, il rivoluzionario Bakunin, l’anarchico Pietro Gori e il pedagogista anarchico Sebastien Faure con cui fonderà il giornale “Il Libertario" (1895).
L'attività frenetica della ex comunarda intimorisce e infastidisce molte persone tanto che il 23 gennaio 1888 l'estremista Pierre Lucas attenta (senza esito) alla sua vita.
Si riportano alcuni pensieri della grande rivoluzionaria, comunarda, educatrice, femminista, anarchica francese Louise Michel che muore a settantacinque anni, il 20 maggio 1905 a Marsiglia, salutata da centinaia di migliaia di persone.
Ovunque l'uomo soffre nella società maledetta, ma nessun dolore è paragonabile a quello della donna.
Mercati dove si vendono le belle figlie del popolo mentre quelle dei ricchi sono vendute per la loro dote. L'una la prende chi vuole. L'altra la si dà a chi vuole.
Sono quindi anarchica perché solo l'anarchia può rendere felici gli uomini e perché è l'idea più alta che l'intelligenza umana possa concepire, finché un apogeo non sorgerà all'orizzonte.
Gli uomini più progressisti applaudono all'idea di uguaglianza dei sessi. Ho potuto constatare che come prima e come sempre ancora gli uomini, senza volerlo, vuoi per abitudini o vecchi pregiudizi, vogliono sì aiutarci, però si accontentano solo di sembrarlo. Prendiamoci allora il nostro posto e non aspettiamo d'averlo.
Da un articolo di Carla Grementieri
Carla Grementieri ©Riproduzione riservata
scritti:
- Fleurs et ronces, poesie, Parigi
a cura di Carla Grementieri, presidente dell'associazione di volontariato socio-culturale voceDonna di Castrocaro Terme e Terra del Sole (Forlì)
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7 dicembre
MARIA LUISA SPAZIANI, “Donna in Poesia”
(Torino, 7 dicembre 1922- Roma, 30 giugno 2014)
a cura di Carla Grementieri, presidente dell'associazione di volontariato socio-culturale voceDonna di Castrocaro Terme e Terra del Sole (Forlì)
Ho avuto il piacere di conoscere e fotografare, una decina di anni fa, Maria Luisa Spaziani a Castrocaro Terme in occasione di una edizione del Concorso Internazionale di poesia “Aldo Spallicci” dove è stata premiata dal compianto poeta-medico-amico Claudio Mancini, ideatore ed organizzatore del premio. Ricordo Maria Luisa come una donna amabile ed elegante.
ENTRO IN QUESTO AMORE
Entro in questo amore come in una cattedrale,
come in un ventre oscuro di balena.
Mi risucchia un’eco di mare, e dalle grandi volte
scende un corale antico che è fuso alla mia voce.
Tu, scelto a caso dalla sorte, ora sei l’unico,
il padre, il figlio, l’angelo e il demonio.
Mi immergo a fondo in te, il più essenziale abbraccio,
e le tue labbra restano evanescenti sogni.
Prima di entrare nella grande navata,
vivevo lieta, ero contenta di poco.
Ma il tuo fascio di luce, come un’immensa spada,
relega nel nulla tutto quanto non sei.***
Volo sopra le Alpi, il tuo ricordo copre
la pianura del Po fino alle nevi dell'Etna.
Sei il mio paesaggio, la mia patria,
il mio emblema, il respiro profondo.
Sei l'albero di cui sono la chioma,
fiorisco alta sui tuoi folti rami.
Le tue radici mandano la linfa
che sale e canta e nutre le mie cellule.
Chi le nutriva in quegli anni incredibili
quando di te ignoravo gli occhi e il nome?
Quella voce segreta che sussurra
nei giorni giovani le sillabe: "Aspetta!".***
LE TUE BRACCIALo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d'infinito.
Parlo con l'angelo, e le tue braccia d'uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.
Dove comincia l'ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?
Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.Se gli scalmi tradiscono, e si allentano
i cerchioni di ferro dei remi,
e i remi laschi perdono fiducia
e si affloscia la presa della mano,
se sei lontano, se pallidi suoni
dalla terra promessa mi raggiungono,
ah, si gonfi la vela, prenda slancio
lei, la parola, l'unico mio Dio -***
PALLA DI NEVELuna succosa da mangiare a spicchi,
aspro dolce limone,
palla di neve sulla pelle ardente -
nessun uomo così saprà baciare -
Non ti amerò di più, non ti amerò di meno,
sono lassù una luna senza quarti.
Il lume splende intatto nel sereno,
non ti amerò di meno, non ti amerò di più.***
QUELLA FRECCIASi tende tutto l'essere in un urlo
di desiderio. Voglio la parola
lancinante, assoluta, che cancelli
scialbature di sempre.
Quella freccia che infilza dritta il cuore
mentre sorride l'Angelo, tremenda
voglio quella parola (la pronuncia
l'Angelo, ma oltre una vetrata) -
l'ha sentita Teresa? Ogni parola
al di qua della freccia è un'eresia.
È assoluta la rosa se si fonde
alla tua pelle - e le spine sul cuore.
Maria Luisa Spaziani, poeta, autrice di racconti, di testi teatrali, di lavori critici sulla letteratura francese e traduttrice impegnata, è nata a Torino il 7 dicembre 1924.
Storica della Letteratura francese, disciplina che ha insegnato all’Università di Messina, Maria Luisa Spaziani ha vissuto a Milano e a Parigi, prima di stabilirsi a Roma dove ha vissuto fino alla sua scomparsa.
Personalità poetica tra le più significative della letteratura italiana contemporanea, ha cominciato a pubblicare numerose raccolte di poesie dal 1954.
Presidente del Centro Internazionale Eugenio Montale dalla fondazione nel 1981, occupandosi attivamente della manifestazione durante la quale viene conferito ogni anno il Premio Montale a poeti, traduttori e ricercatori in Italia e all'estero.
Candidata nel 1990 e nel 1992 al Premio Nobel per la Poesia ha realizzato negli anni anche tomi e tomi di saggistica, traduzioni accurate, romanzi e pieces teatrali.
Maria Luisa Spaziani ha pubblicato "Le acque del sabato", del 1954 fino ai "I fasti dell'ortica" del 1996, passando attraverso numerose altre raccolte poetiche, tra cui "Il gong" (1962), "Utilità della memoria"(1966), "L'occhio del ciclone"(1970), "Transito con catene" (1977), "Geometria del disordine" (1981, Premio Viareggio), "La stella del libero arbitrio" (1986), ed il poema-romanzo "Giovanna d'Arco" (1990), divenuto un testo teatrale più volte rappresentato.
Del poema Maria Luisa Spaziani ha detto :"Settimane e mesi passati nella luce straordinaria di questo mistero. Quando ho scoperto che è esistita una donna come Giovanna d’Arco ho scoperto il mondo: è stata la mia grande educazione incontrare in un’unica persona dei valori così straordinari, le punte estreme della semplicità contadina, l’alta illuminazione morale e religiosa, la capacità di incarnare un’azione pratica, l’amore di patria, il carisma straordinaria.
Questo mio amore è nato a dodici anni e non è ancora finito. Per me Giovanna d’Arco è semplicemente la poesia; è la donna come dovrebbe essere dopo ogni femminismo riuscito, e cioè una creatura che abbia le stesse potenzialità di un uomo ma che agisce autonomamente, secondo il suo personale destino, secondo i suoi gusti, le sue scelte, in stretta simbiosi con l’universo maschile".
A diciannove anni dirige la rivista "Il dado" a cui collaborano scrittori illustri, e la modestia le impedirà di scrivere una sola riga su quelle pagine.
Nel 1949 incontra, dopo una conferenza, Eugenio Montale e, quando entrambe si trovano a lavorare a Milano si frequentano molto, fra loro è nata un'amicizia fondata sulla poesia e su una comunanza spirituale testimoniata da 360 lettere del poeta ora all’archivio di Maria Corti, presso l’Università di Pavia.
Esuberante, di una vivacità senza età, Maria Luisa Spaziani si ripropone in modo sorprendente con un libro di poesie d'amore, "La traversata dell'oasi" (2002); Poesie d'amore "vere", legate alle sue esperienze sentimentali in anni vicini e lontani, sempre presenti.
La stile è quello personalissimo della Spaziani, quasi tutte composte di due quartine, eleganti, semplici e complete.
In un'altra raccolta dal titolo perfetto "Epifania dell'alfabeto" Maria Luisa descrive un lungo viaggio attraverso molti temi che hanno scandito la sua poesia, un piccolo reportage in versi.
Maria Luisa Spaziani è anche autrice di una serie di 'interviste parapsicologiche' con venti grandi poetesse, vissute tra l'Otto e il Novecento, raccolte in “Donne in Poesia” presso Marsilio (1992, 1994). In Donne in poesia, Maria Luisa Spaziani intesse un ideale colloquio con "venti poete mondiali" "fra Ottocento e Novecento" che vanno dalle francesi Marceline Desbordes-Valmone, Anne De Noailles, Marte Noël, Louise de Vilmorin, Simone Well, dalla polacca Maria Krysinska e dalla rumena Iulla Hasdeu, entrambe naturalizzate francesi "ultime splendide luci dell’Ottocento a Parigi" (p. 67), alle Italiane Marianna Coffa, Amalia Guglielminetti, Antonia Pozzi, Alfonsina Storni, Vittoria Aganoor Pompilij, Luisa Giaconi, Ada, Negri, alle tedesche Else Lasker-Schüler e Ingeborg Bachmann, alle russe Anna Achmatova e Marina Cvetaeva, alla cilena Gabriela Mistral..........................................................................................................................................................................................................................................